850 e 1000 Abarth

Scritto da on Dic 18, 2008 | Commenti disabilitati su 850 e 1000 Abarth

Due “maggiorate” per gli Italiani
Sapete cos’è una lepre? Un coniglio Abarth! Ecco – in tre parole – filosofia e sostanza delle realizzazioni di Carlo Abarth. Siamo negli anni ’60 e l’Italia sta entrando in pieno Boom economico, un periodo dove beni come il frigorifero la TV e ovviamente l’auto stanno conoscendo una diffusione sempre più allargata.

In questo processo di motorizzazione di massa la Fiat la fa da padrona con le sue 500 e 600, inarrivabili quanto a praticità ed economia di esercizio ma, diciamolo francamente, un po’ “fiacchine” in quanto a prestazioni. Alcuni proprietari di queste utilitarie aspirano a qualcosa di più e Carlo Abarth, già affermato costruttore di ricambi sportivi, dopo i volanti e le marmitte, fornite anche a qualche costruttore di prestigio – Ferrari compresa – inizia a produrre pezzi per elaborazioni meccaniche in grado, appunto, di trasformare il coniglio in una lepre.
GLI INIZI “IN CASSETTA”
Siamo nel 1955, poco dopo il lancio della 600, Carlo Abarth prepara una cassetta di trasformazione, agli occhi degli appassionati un piccolo scrigno colmo di gioie, il cui contenuto permette di incrementare la cilindrata della vetturetta dai 633 cc originari a 750 (747 per l’esattezza): la potenza passa da 21,5 a 41,5 e 47 CV disponibili a 6.200 giri/minuto a seconda del grado di elaborazione scelta. Oltre ai particolari per il motore, la cassetta contiene anche i fregi e le scritte per la carrozzeria; freni maggiorati e volante a tre razze sono optional. Nel frattempo Abarth stringe un accordo con Fiat che gli fornisce vetture complete, che vengono smontate in fabbrica, elaborate con il medesimo contenute delle cassette vendute a parte e messe direttamente in vendita al non modico prezzo di 990.000 lire. La “Fiat 600 derivazione Abarth 750 GT” sarà prodotta sino al 1960.

EVOLUZIONE DELLA SPECIE
Nel 1960 la Fiat aumenta la cilindrata della 600 a circa 770 cc. Carlo Abarth adegua all’istante il contenuto della sua cassetta portando la cilindrata ad 850 cc e commercializzando anche la vettura già elaborata che, nella versione più potente, erogava ben 54 CV. La “Fiat 600 derivazione Abarth 850” costerà inizialmente 885.000 lire che scendono, nel 1961, ad 850.000 grazie ad un accordo con la Fiat che fornisce le scocche parzialmente montate evitando ad Abarth il lavoro di smontaggio. Nello stesso anno Abarth ottiene l’omologazione FIA e la denominazione a questo punto cambia in Fiat Abarth 850 TC; compaiono i freni a disco anteriori, i primi bellissimi cruscotti a tre strumenti Jaeger ed un radiatore acqua supplementare.
Le cassette divengono 3 e consentono, a parità di cilindrata, di ottenere 52, 54 e 57 CV; il loro contenuto comprende ormai anche tutti i particolari per adeguare l’assetto ed il loro costo (attorno alle 400.000 lire alle quali occorre aggiungere le spese di montaggio, collaudo ed omologazione) ne rende antieconomico l’acquisto rispetto ad una 850 TC nuova di fabbrica. La lista degli accessori si allarga ulteriormente e compaiono i compassi per tenere aperto il cofano posteriore ai fini del raffreddamento, le belle ruote in elektron Campagnolo-Abarth e diversi altri accessori destinati agli utilizzi più spinti, man mano omologati dalla FIA. Le piccole Abarth iniziano a mietere vittorie su vittorie la più significativa delle quali si materializza nei primi tre posti di classe alla 500 km del Nurburgring del 1961; dopo tale affermazione viene commercializzato una nuova variante denominata appunto 850 TC Nurburgring.

LA FAMIGLIA SI ALLARGA
Nel secondo semestre del 1962 la 850 TC viene affiancata dalla 1000 TC, in realtà la cilindrata è di 982 cc, per una potenza di 60 CV. a fine ’62 compaiono tanto sulla 850 che sulla 1000 le scritte “corsa” e le potenze aumentano fino ai 65 CV per la mille. Le omologazioni di particolari destinati alla competizione aumentano vertiginosamente e lo stesso avviene per i prezzi di vendita tanto dei singoli accessori che delle vetture complete arrivate, nel 1963, a 1.269.900 e 1.389.900 lire; la 1.000 debutta ufficialmente, alla 500 km del Nurburgring dove conquista – condotta da Moser-Hertmuller – un onorevole secondo posto dietro ad una Morris Cooper.
E’ tempo di migliorie: i tradizionali carburatori Weber DC verticali da 32 lasciano spazio ai fratelli maggiori da 36 e lo spinterogeno Bosch prende il posto del Marelli; il radiatore anteriore che, nel 1965 crescerà di capienza, incorporerà anche quello dell’olio e diverrà carenato. Oramai, con l’esasperazione delle preparazioni da corsa, quello delle richieste di omologazioni di parti specifiche da parte dell’Abarth è divenuto un fiume in piena che travolge i burocrati (esistono anche nello sport!) e crea non poche grane ai piloti che acquistano e montano particolari che, benché in commercio, verranno omologati con notevole ritardo rispetto alla disponibilità effettiva.
Alla 1000 km di Monza del 1965, le Abarth vincono le classi 850 e 1000 davanti ad un nugolo di Mini Cooper altrettanto ben preparate ed ottimamente condotte. La vittoria in questa gara, che a marzo ’65 ha aperto il Challenge Europeo Turismo, galvanizza Abarth che impone ritmi forsennati di lavoro e nuove omologazioni che portano, con 9 vittorie su 9 gare disputate, all’annichilimento degli avversari.
Nel corso del 1965 l’alternatore rimpiazza la dinamo, gli alberi a cammes vengono montati su cuscinetti a sfere mentre le punterie già lo erano su cuscinetti a rulli; il serbatoio benzina viene maggiorato, i prezzi marciano pari passo e nell’ottobre dello stesso anno, contro le 640.000 lire franco fabbrica di una Fiat 600, le versioni corsa della 850 e 1000 TC arrivano rispettivamente a 2.340.000 e 2.440.000 lire.

ESASPERAZIONE TECNICA
Sempre nel 1965 arriva la cosiddetta testa radiale che debutta in sordina sulla 1.000 OTR, una elaborazione di meccanica e carrozzeria della Fiat 850 Coupé; la nuova testa consentiva al 4 cilindri da 1.000 cc. di erogare ben 74 CV a 6.500 giri/minuto.
Questo ragguardevole livello di potenza veniva raggiunto grazie all’architettura completamente nuova e ad indirizzo prettamente agonistico della testa. Questa aveva i condotti di aspirazione e di scarico separati, il che favoriva la fluidodinamica interna e velocizzava tanto l’ingresso della miscela quanto l’espulsione dei gas combusti; il cielo della camera di scoppio aveva un doppio andamento semisferico asimmetrico che incrementava la turbolenza dei gas, facilitando la propagazione della fiamma; i condotti separati consentivano infine di ottimizzare il rendimento adottando da una parte una batteria di due carburatori doppio corpo orizzontali e dall’altra un collettore di scarico ad uscita singola per cilindro.
La sperimentazione, anche su motori da competizione, dura per tutto il 1965 e la testa debutta nel 1966, assieme ad ulteriore, lunga serie di nuove omologazioni sia per la 850 che per la 1.000 TC. A fine anno le due “derivate” escono dal listino delle vetture di serie ma negli anni successivi rimangono in esercizio – e in vendita – le versioni da competizione dotate appunto dei nuovi dispositivi omologati: sospensioni a triangolo, una nuova testa radiale, un nuovo collettore d’aspirazione in alluminio per la 850 TC. Il regolamento sportivo – e più precisamente il famoso annesso J all’annuario CSAI – ha introdotto il nuovo Gruppo 5 (anche e forse più conosciuto come “silhouette”) che, assai più permissivo del regolamento riferito al Gruppo 2, consentiva l’utilizzo della testata radiale e relativi sistemi di aspirazione e scarico, di nuove sospensioni e di parafanghi allargati ed infine di nuovi leveraggi del cambio, più veloci e precisi. I motori hanno ormai superato la soglia dei 100CV/litro e le scocche, per reggere simili potenze, debbono essere rinforzate con fazzoletti in lamiera nei punti sottoposti a maggiore torsione. Queste berlinette si aggiudicano, nella nuova configurazione, anche il Challenge Turismo 1969.
Il 1970 vede il trionfo della deregulation: il regolamento del Gruppo 2 (Turismo preparato) consente l’utilizzo di pezzi omologati in Gruppo 5 e quest’ultimo viene ulteriormente liberalizzato. Compaiono quindi in Gruppo 5 codolini maggiorati per i parafanghi anteriori e nuovi e più larghi parafanghi posteriori, stampati in vetroresina da rivettare sulla carrozzeria, in grado di ospitare cerchi e gomme di diametro e larghezza impensabili solo qualche anno prima. le sospensioni posteriori vengono completamente riviste con l’adozione di un triangolo pendolare tanto che gli appassionati le chiameranno semplicemente “pendolari” mentre i dischi posteriori verranno nuovamente modificati. Compare inoltre un cofano posteriore dritto in vetroresina, sagomato lateralmente in modo da eliminare i famosi triangoli tubolari metallici di sostegno del cofano tradizionale: questo cofano, che in realtà aveva una ben precisa funzione aerodinamica, incontrerà difficoltà di omologazione e potrà essere utilizzato solamente in circuito prima di essere messo definitivamente al bando; i collettori di scarico diverranno di due tipi ed al tradizionale 4-2-1 basso (con uscita sotto al fascione posteriore) si affiancherà più efficiente scarico detto a “coda di topo” che, sempre nello schema 4-2-1, correrà al di sopra del fascione posteriore e parallelo allo stesso, con uscita a fianco del gruppo ottico posteriore sinistro. La barriera dei 200 km/h era stata superata. La 1000 Abarth vinse anche il Challenge Turismo 1970 mentre nel ’71, complice un cambio di regolamenti che assegnava punti non più per singole classi, ma al pilota che – indipendentemente dalla classe di competenza – avrebbe ottenuto più punti nell’arco della stagione. Pur vincendo nela propria categoria Abarth dovrà cedere il passo all’Alfa Romeo.

EPILOGO
Va precisato, per meglio inquadrare il declino di queste meravigliose, piccole vetture, che parallelamente a queste, Carlo Abarth aveva sviluppato il tema delle berlinette Gran Turismo e delle Sport Biposto che lo solleticavano maggiormente rispetto alle “derivate turismo” e dalle quali trasse notevolissime soddisfazioni. Tuttavia per un problema di costi, cresciuti in maniera esponenziali, nel 1971 l’attività Abarth venne direttamente rilevata dalla Fiat e tutto il materiale poi ceduto ad Osella. Questo non significò la fine agonista delle 850 e 100 Abarth che, anzi continuarono a gareggiare, vincendo, sino al 1976.
Ad omologazione scaduta queste vetture vennero impiegate, anni dopo, in gare tipo “slalom” per conoscere una piena rinascita allorché, trascorsi i canonici 20 anni, poterono essere nuovamente impiegate nei campionati riservati a vetture storiche.

I PILOTI E PREPARATORI DELLO SCORPIONE
Le derivate Abarth fecero correre, tanto per enfatizzare una circostanza numericamente rilevante, “mezza Italia”; fra i più noti ricordiamo Gianfranco Palazzoli, acuto osservatore di fatti e misfatti della Formula Uno, regolarmente presente in TV in occasione dei Gran Premi; Teodoro Zeccoli, leggendario collaudatore e pilota Alfa Romeo; Pam (all’anagrafe Marsilio Pasotti); Mauro Nesti, poi pluricampione della montagna; Mauro Bianchi, italiano naturalizzato belga, Jackie Ickx; Andrea De Adamich, poi ufficiale Alfa Romeo e non solo, noto conduttore televisivo ed animatore di corsi di guida sicura e sportiva; Bruno Deserti; Riccardone (Riccardo Benelli); Marco Crosina; Carlo Zuccoli; Shangrilà; Klaus Steinmetz, ingegnere e pilota; Giancarlo Baghetti; Leo Cella; Herrmnann; Arturo Merzario, ancora oggi efficacemente in pista spinto da una passione senza fine; Peter Schetty, svizzero poi ufficiale Ferrari e Campione Europeo della Montagna sulla splendida 212 E; Jonathan Williams, anch’egli chiamato al Cavallino Rampantew; Joannes Ortner; Luigi Moreschi, più conosciuto come MOMO; Edoardo Gatti; Gianni Baistrocchi; Enzo Osella, poi costruttore delle omonime, famosissime vetture sport ed infine Nino Campani e ci scusiamo con tutti coloro, i più ed anche di successo, che per ragioni di spazio non abbiamo potuto citare in questa brevissima rassegna.
I nomi più in voga tra i preparatori dell’epoca, molti dei quali troviamo operativi ancora oggi – segno di eredità tecniche ben riposte – erano i vari Baistrocchi, Fren, Garavello, Broccolini, Crivellari (Grage Venezia), Romeo Ferrarsi, Trivellato, Faccioli, Bacci.
Fra i migliori curatori dell’assetto spiccava l’allora famosissima officina Dal Fiume, di Bologna.

LE AUTO IN SCALA
Le Fiat Abarth 850 e 1000, in particolare quest’ultima, sono state riprodotte in scala 1/43 da Brumm, Progetto K, Minichamps, Solido e, in scala 1/18 da Revell e Solido. Queste case hanno riprodotto le più svariate versioni di questi modelli, al punto da spingere qualche fans della casa dello Scorpione, a collezionare “temi” specifici; ad esempio, tutti i villini che hanno partecipato alla Trento-Monte Bondone oppure alla 500 km di Monza e così via.
Si tratta in generale di buone riproduzioni che possono servire, per i modellisti esperti, da base per successive elaborazioni. Analogo discorso vale per le scale più grandi, oggi molto in voga; in scala 1/18 triviamo delle buone riproduzioni della Revell e della Solido. Per quanto attiene alle scatole di montaggio ricordiamo una pregevole riproduzione in scala 1/24 (plastica + fotoincisioni) della Gunze Sangyo, oramai una rarità.
Fonte: OmniAuto